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Il tasto che fa accendere questo nuovo processo, per la prima volta completamente in prosa per Vitruvians è una concezione che deve essere vissuta come un comandamento da seguire: teatro che ha come scopo quello di criticare la società moderna. È questa la linea di partenza per questo nuovo processo di lavoro.

 

La situazione che oggi si trovano a vivere molti italiani è drammatica; la crisi porta al suicidio di sempre più persone, dal piccolo imprenditore al giovane che perde lavoro o ancor peggio dall’adulto che perde lavoro con famiglia a carico e con l’età della pensione molto lontana … Un vescovo può pur continuare a celebrare a 70 anni … ma un settantenne può ancora continuare a salire su impalcature? Per non parlare dell’enorme differenza di salario tra chi dirige l’Italia fatta di politici e i lavoratori … e il peso delle tasse che aumenta per riparare alla crisi … mentre si scoprono imbrogli che vedono i soldi delle tasse degli italiani sempre più con l’acqua alla gola sprecati nei vizi e negli ozi dei politici.

 

Molte sono le analogie con quello che portò, nel 1789, la Francia alla Rivoluzione. Se è già accaduto perché la storia non ci insegna nulla? Forse perché siamo noi a volerlo? Cosa succederebbe se decidessimo in massa di non essere più pedine passive della società? Cosa succederebbe se non ci fosse più il potere? Lampedusa scrisse “Tutto deve cambiare affinchè non cambi nulla”. È forse così?

 

Il processo a Maria Antonietta e la sua storia sono il pretesto per portare la gente a riflettere su che genere di cittadino sia: se arrabbiato, se passivo, se consapevole, se compassionevole. A porsi delle domande ma soprattutto a cercare di darsi delle risposte.

 

Oggi per ogni evento, che sia bello o che sia tragico vien fatto un processo mediatico e così i saloni di innumerevoli trasmissioni televisive si riempiono di opinionisti che dicono la loro e che fanno le veci di avvocati e giudici e puntano il dito contro tutto e tutti.

 

In scena Maria Antonietta, già condannata a morte, è processata mediaticamente da due trasmissioni televisive: una di accusa e una di difesa: Saltarò e Pomeriggio sul quinto. Nella prima parte dello spettacolo la difesa mostrerà l’ozio e gli sprechi che effettivamente portarono la Francia alla rivoluzione mentre l’accusa mostrerà il malcontento del popolo.

Nella seconda parte dello spettacolo l’accusa mostrerà tutta la rabbia popolare, di cosa fu capace un fiume in piena che straripa dagli argini, senza controllo e accecato dalla rabbia e dall’odio dopo anni di sacrifici insostenibili fino a giungere al terrorismo mentre la difesa si impegnerà a mostrare quanto una donna che fu prima sovrana della nazione è costretta a vivere nel terrore e a pagare colpe forse commesse e forse no e a espiare i peccati dei suoi predecessori non del suo stesso sangue.

 

Protagonista della pièce: una donna abbandonata a se stessa con un barlume di autorità acquisita troppo tardi nella sua vita, con il cuore distrutto dal dolore e con il peso di peccati commessi errando ma mai perseverando, lacerata dal dolore della perdita dei figli e del marito e di un amore soffocato; due conduttori tanto pungenti tanto smaniosi di sapere; ospiti della trasmissione pronti ad attaccare e difendere, impazienti di dire la loro e vogliosi di un minuto di gloria; e infine un conte innamorato forse frutto dell’immaginazione di una condannata a morte o forse no.

 

Tutto questo in una cornice sperimentale fatta di filmati, immagini, voci, insulti e onirico amore.

Stagione

2013-2014

Spettacoli

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